A servizio di alcune sezioni della linea acque (grigliatura, dissabbiatura, decantazione primaria) e della sezione di filtrazione meccanica è stato realizzato nel 2000 un deodorizzatore, per una portata di circa 66.000 mc/h di aria da trattare.
Una serie di ventilatori assiali aspira l’aria maleodorante attraverso collettori in acciaio inossidabile che partono da tutte le vasche oggetto di trattamento e convergono in un plenum pure metallico; da questa struttura l’aeriforme maleodorante viene soffiato in pressione attraverso due grosse torri di lavaggio chiamate scrubber.
In questi alti serbatoi cilindrici del diametro di oltre 4 metri ciascuno, l’impianto effettua il lavaggio chimico delle sostanze odorigene che preliminarmente vengono assorbite dalla soluzione di lavaggio all’interno delle torri e quindi vengono neutralizzate chimicamente.
Nel primo stadio vengono captate le sostanze acide mediante l’utilizzo di una soluzione di acqua e soda caustica; nel secondo stadio, in ambiente alcalino (soluzione di acqua, soda caustica e ipoclorito), vengono ossidate le sostanze odorigene; in entrambi gli stadi viene misurato in continuo il pH, nel secondo stadio viene misurato anche il potenziale Rhedox. Il dosaggio dei reagenti avviene automaticamente sulla base della lettura on line di questi parametri.
Il liquido di lavaggio viene ricircolato in continuazione nei due stadi mediante pompe centrifughe che lo aspirano alla base degli scrubber e lo sollevano fino alle rampe di ugelli in testa alla torri, per poi farlo percolare attraverso il materiale di riempimento realizzando un film liquido di piccolo spessore e grande superficie.
L’impianto è stato attivato nel gennaio 2000.
Linea fanghi
•Addensamento
•Ispessimento
•Digestione anaerobica primaria e secondaria
•Disidratazione meccanica
•Sanificazione
•Deodorizzazione
Nella tipologia di trattamento biologico dei liquami di scarico, il processo di depurazione passa attraverso la produzione di nuovo materiale cellulare; è necessario però mantenere la concentrazione di fango nella miscela aerata su valori costanti, allontanando regolarmente dal sistema una quantità di fango pari a quello prodotto dall' attività batterica (fango di supero).
La linea fanghi realizza l’inertizzazione e il progressivo addensamento della sostanza solida (separata dalla fase liquida per depurare l’effluente), per minimizzarne l’impatto ambientale (riducendo i quantitativi e la quota di sostanza putrescibile, aumentando il tenore di sostanza secca) e facilitarne lo smaltimento.
Il fango di supero è rappresentato da una frazione delle sostanze organiche non completamente degradate, da una parte delle sostanze inorganiche non degradabili (presenti nei liquami) e dalla nuova massa cellulare prodotta tramite l'utilizzo del substrato organico.
I fanghi di supero provenienti dai sedimentatori finali, unitamente alle eventuali schiume di superficie asportate dagli skimmer (sistemi di evacuazione del surnatante realizzati in acciaio inossidabile), collocati nella zona di degasaggio sono inviati alla sezione di addensamento dinamico dove, in sostituzione del vecchio flottatore, sono stati installati recentemente due addensatori a coclea che consentono di raggiungere concentrazioni dell’ordine del 4 % di secco.
I fanghi da ispessire giungono, tramite pompaggio, all’interno di un reattore, dove si attua la miscelazione di polielettrolita per la flocculazione. La coclea, posta longitudinalmente all’interno della gabbia drenante solleva i fanghi, mentre l’acqua lascia la gabbia attraverso delle microspaziature (setaccio).
Durante l’addensamento due barre di lavaggio, attivate da un temporizzatore, puliscono il setaccio dai fanghi rimasti nelle barrette, mentre l’acqua di lavaggio lascia l’addensatore insieme all’acqua drenata dal filtro.
Gli addensatori inviano i fanghi nel pozzetto di miscelazione dove si uniscono ai fanghi ispessiti; il tutto è indirizzato alla sezione di disidratazione meccanica.
Alla linea fanghi sono inviati anche i fanghi pompati, dopo triturazione, dalle tramogge poste in testa ai sedimentatori primari, che vengono ispessiti a gravità in un bacino circolare meccanizzato: l’ispessitore.
L'ispessimento ha la funzione di eliminare l'eccesso di acqua, ottenendo contemporaneamente l'omogeneità della fase solida e l'aumento della stessa, mentre il volume viene considerevolmente ridotto.
L'ispessimento avviene in un cilindro del diametro di 16 m (volume complessivo 850 m3) con una base troncoconica, che costituisce la tramoggia su cui si accumulano i fanghi addensati, rilanciati attraverso a pompe a vite di Archimede alla fase successiva dopo una ritenzione di circa due giorni.
Una lama raschiafanghi collegata ad un traliccio rotante favorisce l' espulsione dell' acqua e quindi la sedimentazione ed il compattamento del solido, mentre la fase liquida viene espulsa stramazzando in superficie e viene inviata, con le acque di drenaggio, in testa all' impianto.
L'alimentazione è centrale; il liquido separato è raccolto in una canaletta periferica ed il fango ispessito viene estratto dal pozzetto di fondo; da qui viene raccolto nella vasca di accumulo dei fanghi biologici di supero, da dove può essere inviato, unitamente ad essi, al trattamento di disidratazione meccanica o indirizzato separatamente alla digestione anaerobica.
Il vecchio flottatore è utilizzato come nuovo pozzetto di carico dei fanghi ispessiti ed addensati, per dare maggiore continuità all’alimentazione delle centrifughe mediante incremento del volume rispetto alla vasca utilizzata attualmente.
Per consentire lo svuotamento dei digestori (intasati da 10 anni di esercizio) alcuni anni fa è stata disattivata la sezione di digestione anaerobica. L’invio diretto dei fanghi ispessiti alla sezione di disidratazione meccanica, che nasceva da una necessità, si è rivelato una opzione impiantistica che dava buoni risultati nella stabilizzazione dei fanghi.
La digestione anaerobica è un processo biochimico nel quale numerosi gruppi di microrganismi anaerobici e facoltativi assimilano e degradano la materia organica. Le sostanze organiche presenti nel fango, in mancanza di un sufficiente apporto di ossigeno, diventano infatti sede di processi riduttivi anaerobici, che portano ad una progressiva stabilizzazione.
Nei digestori i microorganismi, di tipo facoltativo o anaerobico, prelevano l'ossigeno occorrente, per i processi di sviluppo di biogas, dalla massa delle sostanze organiche presenti nel fango.
Ne consegue la riduzione dei composti organici a base di zolfo in idrogeno solforato e mercaptani, dei composti azotati in ammoniaca, dei carboidrati in metano e anidride carbonica. Il risultato della digestione è la produzione di gas biologico.
La digestione anaerobica oggi non viene utilizzata perché le difficoltà gestionali (esplosività, odori, potenzialità di fanghi trattabile dopo l’allaccio del finalese..) comportano costi di primo impianto e rese inferiori ai benefici.
L’utilizzo del biogas in alternativa al metano diminuirebbe anche il potere calorifico del fango sanificato.
Tale scelta potrà essere modificata se varieranno le condizioni al contorno (costo del metano, collocazione del fango sanificato) in modo da influire sul rapporto costi-benefici.
Ad oggi i fanghi ispessiti vengono inviati alla successiva fase di disidratazione; infatti prima di smaltirli è necessario un processo di ulteriore aumento della concentrazione della sostanza secca.
In considerazione dell’usura delle vecchie nastropresse che hanno operato per oltre 15 anni in condizioni particolarmente aggressive, sono state disposte 2 centrifughe che hanno consentito di conseguire una più elevata concentrazione di secco (oltre 29 %), permettono di far fronte all’incremento nella produzione di fango per l’allacciamento del comprensorio finalese, garantiscono una maggiore automazione del processo e non generano cattivi odori.
Una vecchia natropressa è mantenuta come riserva installata.
La centrifugazione è un processo fisico che sfrutta la forza indotta dalla velocità di rotazione di un cilindro sul fango in esso contenuto, per separare la fase solida dalla fase liquida.
All’interno del corpo centrale ruotano un cestello ad asse orizzontale (3500 giri al minuto) ed una coclea concentrica inserita all’interno dello stesso (3500 giri più i giri differenziali). Il fango per mezzo di una pompa a vite di Archimede (mohno), previa addizione di polielettrolita, è alimentato all’interno della centrifuga, dove per effetto della forza radiale gravitazionale (oltre 3000 g) avviene la separazione dell’acqua.
Il cestello ha la funzione di separare il fango dall’acqua (espulsa per effetto della forza centrifuga attraverso le maglie del cestello), la coclea (che ha una velocità relativa rispetto al cestello di alcuni giri al minuto) serve a fare avanzare il fango lungo la macchina.
L’installazione delle nuove centrifughe ha consentito una riduzione notevole dei quantitativi di fango da smaltire (oltre 2000 t) e del traffico indotto dal movimento dei camion.
Il fango centrifugato viene avviato al sanificatore o smaltito direttamente, trasportato con frequenza giornaliera e recuperato in agricoltura.